Con Valter Fabris se ne va non solo un amico ma anche un pezzo straordinario di storia del basket codroipese.
È difficile infatti per chi ha condiviso con lui gli “anni ruggenti” del mitico Codroipo Basket Club separare i ricordi amicali da quelli più squisitamente tecnici.
Perché Valter era….Valter!
Non solo un coach di prima grandezza del basket femminile locale e triveneto in quegli anni, ma punto di riferimento e crescita di tutta la Società per più di tre decenni: fondendo passione per il gioco e capacità tecnica in un mix dirompente per la promozione di un movimento che, dopo i primi timidi vagiti degli anni ’50, si stava strutturando in uno dei migliori poli cestistici regionali. Unendo e promuovendo fin dagli anni ’60 e accanto a quello maschile il basket femminile e il neonato settore Minibasket.
Dopo una breve (e non indimenticabile!) parentesi da giocatore, Valter fu infatti tra i Soci Fondatori dell’allora Associazione Basket Codroipo nel 1956 e collaborò con passione, impegno e notevoli capacità organizzative alla promozione della stessa fin dall’inizio, spendendosi in vari ruoli e comprendendo da subito l’importanza della cura dei settori giovanili e, in seguito, del settore Minibasket.
Di tutti e tre i settori fu poi apprezzato Coach, pur “specializzandosi” in seguito in quello femminile.
È impossibile menzionare tutti i campionati, le manifestazioni e gli avvenimenti vari che lo videro coinvolto negli “anni ruggenti” dell’A.B.C. prima e del “mitico” Codroipo Basket Club dopo. Anni in cui non insegnò solo pallacanestro, ma suscitò apprezzamento anche per il suo particolare modo di “essere” nella Società, sempre partecipe del suo vissuto e della sua crescita.
Memorabile ad esempio la sua capacità di ricordare nomi e anno di nascita di un numero impressionante di cestiste e cestisti,  giovani e no, della Società o meno, di buona parte dei quali conosceva a memoria l’intero curriculum sportivo!
E celebri, inoltre,  le sue personali “campagne tesseramento Soci”: di durata pressoché annuale, in cui riusciva invariabilmente a piazzare tutte le tessere che gli venivano affidate, naturalmente a “offerta variabile”! L’importante era comunque contribuire in solidum all’attività societaria!
Curò del pari la sua personale crescita tecnica, impegnando sovente il tempo libero dal lavoro per seguire i “guru” cestistici dell’epoca e “rubare” loro il mestiere grazie a un acuto spirito di osservazione e di sintesi.
Possedeva inoltre, forse anche per deformazione professionale, la rara capacità di intuire in poco tempo l’attitudine di un atleta al gioco e all’impegno per migliorare il medesimo: disposto sempre a spendersi fino in fondo per chi “dava l’anima” in palestra,  ma un po’ meno (molto meno…) per chi… tirava a campare!
Non lo si vedeva molto in tuta, ma quando insegnava sul parquet tutta la squadra ascoltava e la sua parola era legge: da questa autorevolezza derivavano poi la grande considerazione di cui godeva nell’ambito cestistico regionale e la capacità di essere ascoltato anche fuori dalla palestra, soprattutto nei rapporti con le altre Società.
Teneva poi in modo del tutto particolare alla “costruzione” delle SUE squadre, senza lesinare energie o badare a orari: spesso convinto che i suoi fossero anche quelli degli altri!
Impossibile enumerare tutti i suoi successi: detestava perdere perfino nelle partite di allenamento e uno dei suoi insegnamenti preferiti era che “Schemi o non schemi, alla fine se li hai bravi vinci; se non li hai, non vinci”!
Ma sicuramente due “perle” particolarmente preziose della sua carriera furono la partecipazione alle Finali Nazionali dei Giochi della Gioventù a Roma nel 1970, dove la formazione “Allieve” codroipese rappresentò degnamente la Provincia di Udine facendosi apprezzare da tutte le altre contendenti e la promozione al Campionato di A2 Femminile Nazionale, ottenuta ad aprile 1980 dopo un fantastico triennio di vittorie. Fu quello sicuramente l’apogeo del basket codroipese, che negli stessi anni poteva altresì vantare la partecipazione della prima squadra maschile a una Serie C che, all’epoca, era il terzo campionato Nazionale!

Sarebbe però riduttivo fermarsi solo sugli aspetti squisitamente tecnici della vita societaria di Valter.
Quelli erano infatti anni in cui il basket costituiva una parte significativa del contesto socio-sportivo codroipese: un mondo che accanto all’oratorio e a poco altro coagulava tutto l’universo giovanile codroipese. E che richiedeva a quanti lo dirigevano, accanto a quelle tecniche, capacità relazionali adeguate per rapportarsi con i giovani atleti/e in un momento storico e sociale abbastanza turbolento.
Sicuramente non incline a filosofeggiare, anche sotto questo aspetto la schiettezza e la coerenza caratteriale di Valter facevano la differenza: consentendogli di confrontarsi senza finzioni con le sue squadre, ricevendone di ritorno atteggiamenti parimenti chiari. Sia “sudando” in palestra, sia assaporando insieme una “nafta” da Moroso dopo un allenamento ben fatto oppure una gara, possibilmente vinta!
Perché quella amicale era infine l’ultima frontiera della sincerità di Valter.
Non riusciva infatti a fingere nei rapporti interpersonali o a digerire chi o cosa non gli andava proprio giù. Ma coloro con cui condivideva l’amicizia ne ricavano momenti memorabili e spassosi, soprattutto quando “sparava di getto” giudizi tali da far invidia ai più ironici epigrammi di Marziale, specialmente assistendo insieme a una partita di basket!
O quando il telefono ti faceva sobbalzare sul divano alle 11 di sera ed era sempre lui, che non si ricordava il nome di una giocatrice o il suo anno di nascita o qualcos’altro ancora e non riusciva ad andare a dormire senza risolvere il rovello!
Perché Valter era… Valter!
Così anche se da un po’ di tempo ci si vedeva poco, anche se (complice l’età non più verdissima e qualche acciacco fisico) sembravi esserti dimenticato la strada per il palazzetto, ebbene bastava incontrarsi casualmente da qualche parte perché dopo poche parole una sottile complicità aleggiasse nello sguardo di entrambi, con forse un po’ di malinconia in ricordo di momenti che non torneranno ma che per fortuna abbiamo vissuto e condiviso.
Momenti in cui l’allenamento o la partita non erano solo sport, ma attimi di un mondo che ci aveva catturati col suo fascino senza tempo e le sue promesse (illusioni?) che restasse sempre uguale.
Addio caro Maestro: chissà perché a volte si fa fatica a dare un senso alle cose e le parole, per quante siano, non riescono proprio a dire tutto…